martedì 19 aprile 2016

A Lesbo per guardare negli occhi il dono dei migranti.

Con la visita di sabato scorso, 16 aprile, alla piccola isola di Lesbo, il Papa ha confermato la sua attenzione per le moltitudini che in questi anni hanno rischiato la propria vita per raggiungere le nostre terre, lasciando scenari di conflitto, di persecuzione e di sopravvivenze difficili. Secondo le ultime stime dell'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) dall'inizio dell'anno sono circa 179.000 le persone che hanno raggiunto l'Europa attraverso il Mediterraneo, delle quali circa 153.000 sono arrivate in Grecia, 25.000 in Italia e il resto a Cipro e in Spagna.



La visita a Lesbo, piccolo cuore di questa Europa di frontiera, è stata fortemente voluta dal Pontefice. “Da quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui”, ha detto ai cittadini e la comunità cattolica che lo accoglieva, facendo memoria delle vittime delle migrazioni.

“Sono venuto qui semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie” ha detto poi ai migranti che ha incontrato.
Come al solito, con parole semplice, rivolgendosi a ciascuno di noi e alle nostre comunità, il Papa ha raccontato di uno stile di incontro e ha raccomandato con passione un atteggiamento evangelico alle nostre comunità: relazione, compagnia, impegno concreto nell'accoglienza, ma anche denuncia e presa di posizione politica. Nella Dichiarazione che il Santo Padre ha siglato congiuntamente a Sua Santità Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli e Ieronymos, arcivescovo d Atene e di tutta la Grecia si legge: “la tragedia della migrazione e del dislocamento forzati si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità ed un effettivo impegno di risorse”.
La comunità internazionale è invitata a guardare con attenzione e premura alla crisi in atto e a soccorrere quanti lasciano le loro terre, ma anche ad impegnarsi fattivamente per risolvere i conflitti e i contesti di crisi e di violenza che provocano lo spostamento forzato di così tante persone. Si chiede ai Paesi di estendere l'asilo temporaneo, di concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei e ad ampliare gli sforzi per il soccorso. Ma il Papa non si rivolge solo alla comunità civile. Con forza, viene ribadito ancora una volta l'appello alle Chiese per partecipare al sistema dell'accoglienza e per popolarlo di gesti concreti e di impegni quotidiani: “Chiediamo alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi e affinché i servizi di soccorso, religiosi e civili, operino per coordinare le loro iniziative.”
E' un papa accorato, commosso, (“Oggi era da piangere. Era da piangere” - ha più volte ripetuto ai giornalisti nel viaggio di ritorno) preoccupato per i conflitti in corso, per gli squilibri economici, per le crisi ambientali, per la fame crescente che non lasciano agli uomini e alle donne il diritto di vivere in pace nelle proprie Terre ed insieme li costringono a viaggi insicuri verso Paesi spesso inospitali, spaventati, sulla difensiva.
Sempre secondo le stime dell'OIM dall'inizio dell'anno sono morte oltre 730 persone nel mar Mediterraneo, senza contare le ulteriori centinaia che avrebbero perso la vita al largo delle coste dell'Egitto, se si confermano le drammatiche notizie circolate ieri. “Voi migranti siete un dono e non un problema” ribadisce ancora oggi il Papa in un videomessaggio per il 35esimo anniversario della Fondazione del Centro Astalli. Si tratta di un dono che, come tutti i migliori, chiama all'impegno, fa rimboccare le maniche, chiede occhi di misericordia. “Chi ha paura di voi, non vi ha guardato negli occhi”, ha detto il vescovo Ieronimo. Prepariamoci con gioia a questo incrocio di sguardi.


fonte: Misericordie.it







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